I giardini dell’Eden, Adamo ed Eva. Le origini. Eden come un parco giochi. L’antico, il medievale e il presente contemporaneo. Le bambole gonfiabili come strumenti di gioco, esseri inanimati, oggetti che vanno a rappresentare il desiderio sessuale. Le cinture di castità oggetti di tortura antichi. Due opposti così estremi per molti aspetti. La castità forzata come la sessualità imposta.

FILM

Video mono canale, 03:55”  |  DVD PAL 4:3  |  scritto e diretto da Jessica Iapino  |  direttore della fotografia Emanuele Bombardone  |  montaggio Maria Cristina Sansone  |  musica Alessandro Landi  |  A Bloomer Production © Giugno 2006  |  In collaborazione con Bomba Production

PHOTO

IN THE NAME OF

2005, acetato, 60 cm X 45 cm

THOU SHALT NOT DESIRE

2006, ferro, vernice, dimensioni variabili

MAKING OF

2006, foto di produzione dal set del video EDEN

SHOW

EDEN AL MLAC

2006, installazione dimensioni variabili

PER MIA COLPA…

2007, installazione site specific al castello della cervelletta Roma

CRITICS

“il senso del pudore esiste ovunque vi sia un mistero”

Friedrich Wilhelm Nietzsche

 

“EDEN”

 

L’essere umano è dominato da violente emotività che ne funestano l’animo e lo costringono ad un perpetuum mobile tra il raziocinio e la perdizione dei sensi. Tali lotte intestine agiscono sulla sfera comportamentale ed influiscono sul principio universale di “normalità” che regola la nostra realtà quotidiana. Nel progetto Eden, Jessica Iapino compie un indagine assoluta sul concetto base di normalità, sia essa fisica, sessuale o morale, reiterando il proprio spettro visivo su soggetti inanimati che rappresentano veri e propri paradigmi di una società preda di aberrazioni comportamentali tramandate da una generazione all’altra.

 

Nel video omonimo Jessica Iapino ci restituisce la visione di un paradiso terrestre vermiglio e morbosamente pulsante di asettica lussuria, dove bambole gonfiabili si sostituiscono alle figure bibliche di Adamo ed Eva, avviluppandosi grottescamente in improbabili congiunzioni carnali. Disturbanti richiami sessuali e cantilene infantili ammiccano al perverso mondo delle parafilie mentre le inquadrature si susseguono serratamene in primissimi piani che impietosamente insistono su involucri corporei privi di aria ed emotività. Esseri multicolore penzolano allegramente come in una fanciullesca giostra mentre lascivamente si insinuano immagini di cinture di castità, antichi simboli di costrizione e possesso ora moderne icone del disagio che porta all’eccitamento.

 

Le bambole di Jessica Iapino, contorte nelle loro liturgie iniziatiche, altro non sono che feticci della mercificazione che si accartocciano sino a piegarsi ordinatamente come vestiti in vendita nella rappresentazione di un tantra artefatto. Le crude nudità, il continuo ostentare ferrei simboli di illibatezza e l’atto della copula che si riduce ad un meccanico e grottesco balletto non rappresentano orpelli scenografici dettati dalla volontà di stupire lo spettatore con gratuite oscenità ma sono chiari simboli apotropaici; Oggetti che nascondono un incontrollato bisogno di prendere le distanze, in modo conscio o inconscio, sfruttando meccanismi di fuga dal pericolo supposto o di rimozione di eventi traumatici e paure manifeste.

 

Nel suo progetto Eden Jessica Iapino non si affida solamente al linguaggio video ma si avvale di molteplici sperimentazioni interdisciplinari per fissare al meglio le proprie intenzioni concettuali. Cinque opere fotografiche dal titolo In the name of stampate su acetato ed installate in modo da formare una croce, troneggiano al centro di due imponenti pilastri e sembrano voler ostentare le proprie visioni orgiastiche come un monito che racchiude in sé una religiosità sinistra e consunta. Le stesse cinture che appaiono nel video le ritroviamo invece nell’installazione Thou shalt not desire racchiuse in cilindri di plexiglass che le elevano a raffigurazioni mistiche e blasfeme allo stesso tempo. Tale “incastonatura” accentua il messaggio didascalico e si tramuta nella rappresentazione di una costrizione che racchiude al suo interno un ulteriore costrizione come a voler compiere un’azione di denuncia alla chiusura mentale del mondo civilizzato.

 

Jessica Iapino non si limita all’uso del corpo umano come espressione artistica ma ne utilizza un archetipo scomposto e distorto che scardina i falsi tabù e sottolinea l’incapacità del singolo di relazionarsi con il suo prossimo senza dover ricorrere ad un corrotto sistema comportamentale legato a deviazioni sessuali. Il corpo diviene quindi uno sciatto involucro, adulterato dagli odierni sistemi mediatici e indolenzito dalle molteplici forme di autoerotismo, in un turbinio di immagini che rappresenta un vero e proprio dialogo su regole così castranti da condizionare la realtà umana.

 

Micol Di Veroli

“Per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa.”

 

Nell’etica e nella religione, si parla di peccato come di un atto di violazione dei principi e delle norme morali. Concetto diffuso in varie realtà religiose, in alcune di esse è strettamente legato all’idea di espiazione come unica possibilità di ristabilire l’equilibrio turbato.

 

I lavori che Davide Dormino e Jessica Iapino presentano in questo inedito allestimento, sono una sorta di visualizzazione dei meccanismi psichici legati al concetto di colpa.

La Croce, esplicita nel lavoro di Dormino, suggerita in quello della Iapino è chiave di lettura del loro processo espressivo. Simbolo stesso di Cristo, congiunzione dell’Orizzontale (umano) e del Verticale (divino), nel lavoro di Dormino diventa martello pneumatico capace di sfondare ogni cosa, catalizzatore e portatore di energia potente. I martelli sono forza demolitrice e smantellante, stantuffi pronti a partire e a diffondere vibrazioni. Sospesi nell’aria da forze opposte, sono croci che sembrano allo stesso tempo innalzarsi e scendere dall’alto scagliate come saette. Il pilastro in mezzo alla stanza, è il perno dell’installazione di Dormino e pare evocare la colonna della flagellazione. Nelle ostie ammuffite l’artista evoca la transustanziazione di Cristo, una presenza effettiva ma contaminata dal tempo e nel tempo. Il suo corpo è lì corrotto dalle frustate degli aguzzini. La muffa ne altera lentamente l’integrità, avanzando in tempo reale, nutrita dall’umidità dell’ambiente e dal fiato dei visitatori. Ma la croce è anche lo strumento di tortura tramite il quale il Cristo è stato brutalmente ucciso e se ne ritrova riferimento (non solo nella forma) nelle cinture di Castità della Iapino che in modo sottilmente ludico ma altrettanto forte, si pongono anch’esse come elemento emblematico.
Mezzo di controllo e costrizione tramite il quale una volontà si impone sull’altra, le cinture si presentano come punto di separazione tra ciò che si è e ciò che si potrebbe diventare. La castità è ricchezza da proteggere o peso da scaricare? Qui l’artista non da facili giudizi, si pone con uno sguardo antropologico limitandosi ad osservare ciò che succede. Appese e colorate diventano giochi sessuali che sembrano uscire da un sexy shop. Le bambole gonfiabili, maschili e femminili sono involucri svuotati che pendono come la pelle michelangiolesca del dannato nel Giudizio Universale. Nel video si ripiegano con cura quasi sacrale, comparendo come un segno della croce. Sono le individualità anonime, le tribù metropolitane omologanti ed omologate. Il sesso è qui assurto come emblema, piacere, tormento e senso di colpa. Elemento di conformità e rottura allo stesso tempo. Visto come punto cruciale di una situazione, passaggio per entrare in una fase altra che a seconda delle influenze culturali, sociali e religiose diventa virtù o colpa. Anche la croce è un mezzo di passaggio, il tramite per il compimento della redenzione, il tramite dalla vita alla morte… e ancora alla vita? Strumento di espiazione della colpa di Gesù per i romani e della colpa degli uomini per i cristiani.

 

Peccati, peccatori, pene ed espiazioni. Il peso esercitato da questi concetti riesce a determinare pensieri e scelte. Questa mostra vuole essere un piccolo viaggio all’interno della nostra coscienza e una riflessione su alcuni meccanismi che la influenzano. Sta ad ognuno di noi trarne le conclusioni.

 

Loris Schermi

SCREENINGS

2008 Il Piacere – Museo Casa Natale di G. D’Annunzio e Atelier 777 Arte Contemporanea, Pescara – Italia

2008 Magmart International Videoart Festival 3rd edition, CAM Caloria Contemporary Art Museum, Napoli – Italia

2007 PER MIA COLPA MIA COLPA MIA GRANDISSIMA COLPA, a cura di Loris Schermi – Castello della Cervelletta, Roma – Italia

2007 Canale Sky 906 – programma televisivo Intelfilm

2007 STARTUP – la musica che non potete ascoltare, l’arte che non riuscite a immaginare, il cinema che non vi fanno vedere

2007 OUTVIDEO 2007 4th International video-art festival in public spaces, Yekaterinburg – Russia

2007 Detroit’s 10th International Film, Video and New Media Festival, The Museum Of New Art (MONA) – USA

2006 EDEN – Museo Laboratorio Arte Contemporanea, a cura di Micol Di Veroli – Italia

2006 Vidi_FestiVAL06 La Sala Naranja, Valencia – Spagna

2006 Cortometraggi – La Festa Di Roma – ilCorto.it 2006 Cinema Della Forma, Roma – Italia

2006 The Berkeley Film and Video Festival 2006 – Berkeley, California – USA

AWARDS

The Berkeley Film and Video Festival 2006 “Grand Festival Award – Arts”